Isola Palmaria
Veduta aerea dell'isola Palmaria – Foto: Federigo Salvadori
Delle tre isole dell’Arcipelago la Palmaria è quella più frequentata e conosciuta, soprattutto tra gli spezzini, per quanto rigurda il turismo balneare: ogni anno le sue spiagge vedono riversarsi migliaia di bagnanti che la scelgono per la limpidezza delle acque che lambiscono i litorali. La Palmaria ( che probabilmente deve l’origine del suo nome al termine “Balma”=Grotta, piuttosto che alla presenza di palme nane) presenta interessanti valori paesistici, determinati anche dale differenti caratteristiche orografiche dei suoi versanti: l’orientale, che scende gradatamente a mare coperto da una ricca vegetazione di tipo mediterraneo; l’occidentale, definito da ripide scogliere che raggiungono i 188 m di altitudine. Per evidenziare le caratteristiche dell’isola ne forniamo una descrizione prendendo lo spunto da uno degli itinerari più interessanti. La partenza avviene dal Terrizzo, punto di approdo dei traghetti, dal quale ci si dirige a levante verso la Batteria Fortificata Umberto I– oggi “Fortezza del Mare”- costruita nel secolo scorso sotto l’Amministrazione sabauda del conte Cavour ed adibito a carcere fino agli anni ’50. Esso sorge sulla punta della Scuola e sovrasta Cala Schenello: dopo importanti lavori di restauro, eseguiti dal Comune di Porto Venere e dall’Amministrazione Provinciale della Spezia con il contributo della Comunità Europea, la “Fortezza del Mare” ospita Mostre tematiche, Convegni, spettacoli ed importanti eventi culturali. Poco prima del forte la strada si biforca e svoltando a destra, raggiunge il lato orientale dell’isola, quasi per nulla antropizzato, attraverso un sentiero che si snoda in mezzo a profumatissime ginestre, cisti dalle vivaci fioriture, orchidee selvatiche, mirti dall’aroma delicato ed altra piante dalla macchia mediterranea. La strada raggiunge la Punta della Mariella, poi sovrasta la “Grotta del Roccio” e l’insenatura del Pozzale dove si trovano alcune cave di “portoro” , il caratteristico marmo pregiato nero con screziature chiare, attive fino a pochi anni fa. Da qui incomincia la salita verso il “Capo dell’Isola” dove si aprono numerose piccole cavità (notevole la Grotta dei Colombi dove furono trovati resti umani ed animali risalenti al Neolitico ora ospitati presso il Museo Civico della Spezia) e poi verso la cima dell’Isola dove si trovano la Batteria del Semaforo ed il Forte Cavour. La discesa si snoda tra Pini d’Aleppo e Pini marittimi fino a raggiungere la punta nord-occidentale dell’Isola in prossimità di una nicchia che un tempo ospitava il busto di Re Carlo Alberto, eretto in onore di una sua visita alle cave nel 1837. Di fronte, oltre lo stretto braccio di mare, si staglia con la sua inconfondibile sagoma la chiesetta di San Pietro, e sullo sfondo si ergono imponenti le parti le pareti calcaree di Muzzerone. Accompagnati della visione unica del panorama della Case-torri che costituiscono l’indimenticabile palazzata a mare di Porto Venere, ci si avvia a concludere il giro dell’Isola ritornando al Terrizzo da dove aveva avuto inizio l’itinerario. Poiché l’Isola Palmaria per tutta la sua estensione insite nell’area del “Parco Naturale Regionale di Porto Venere” il Comune si è attivato per la realizzazione di importanti azioni volte alla sua tutela, ma soprattutto alla definizione di un progetto finalizzato ad una fruizione intelligente delle sue bellezze naturali e paesaggistiche. In questo ambito propositivo è stato costituito l'Ostello, sito in località Semaforo. La struttura, ubicata in un fortilizio che ospitava una Batteria sperimentale della Marina Militare, consente il soggiorno in camerate con comodo di cucina ed ha ampi spazi al coperto e all’aperto – per attività di studio e ricreative; è meta ogni anno di un gran numero di giovani, che oggi si muovono non per diletto bensì per approfondire le proprie conoscenze.
Isola del Tino
L' Isola del Tino – Foto: Archivio Parco
Più a meridione della Palmaria si trova l’isola del Tino, riconoscibile per la sua forma triangolare e rocciosa, abbondante di pino marittimo, leccio, mirto, e lentisco. Riportata nelle carte medievali col nome di Tyrus maior, da numerosi decenni essa è sotto la giurisdizione della Marina Militare, quindi è un’area sottoposta a vincoli non aperta liberamente alle visite. La restrizione ha di fatto ridotto la pressione antropica al minimo permettendo lo sviluppo naturale di una vegetazione lussureggiante, che fa da cornice a incantevoli paesaggi. I versanti sono
caratterizzati ad occidente da una chiara ed inviolabile falesia sulla cui vetta (l’isola è alta 122 m) si trova il faro militare, da sempre guida dei naviganti. È una costruzione fortificata neoclassica che nel corso del tempo ha visto numerosi cambiamenti, tanto da rappresentare un esempio di transizione tra le costruzioni militari di scuola francese e le più recenti fortificazioni del XIX secolo. Da lato orientale si trova anche un porticciolo, unico approdo possibile per i vistatori. La sua superficie è di circa 13 ettari, racchiusa in un perimetro di due chilometri. Tra i muretti a secco dell'isola è possibile scorgere il Tarantolino, il più piccolo geco italiano e specie endemica. Nei pressi dell’approdo si trova una zona archeologica con resti dell’epoca romana e rovine del cenobio medievale, testimonianza di antichi insediamenti monastici. Pur essendo interamente zona militare il 13 settembre, giorno del patrono San Venerio, l’isola si apre ai visitatori, inoltre è possibile visitarla anche attraverso escursioni organizzate dal Parco.
Isola del Tinetto
L'Isola del Tinetto – Foto: Archivio Parco
Separata dal Tino da alcuni scogli semisommersi,ritenuti in passato il “trait d’union” naturale delle due realtà, l’isola del Tinetto rappresenta la sorella più piccola (Tyrus minor) del gruppo insulare di Porto Venere. Ricopre infatti un’estensione di poco superione a mezzo ettaro, raggiunge un’altezza massima di 17 metri e dista dall’isola intermedia un centinaio di metri. Per profilo e caratteristiche ricalca molto il Tino e, malgrado le sue dimensioni siano davvero modeste, è una realtà importante nel panorama della biogeografia e della storia. Sul Tinetto prese vita il primo insediamento monastico risalente al VI secolo, che poi si espanse sull’isola del Tino dopo la distruzione del cenobio per mano saracena e successivamente sulla Palmaria. Semicoperti dagli arbusti restano, sulla punta meridionale dello scoglio, il piccolo oratorio costituito da un unico vano e, sulla parte pianeggiante, la chiesa a due navate alla quale erano collegati un secondo oratorio e le celle dei monaci. L’isola del Tinetto costituisce la parte terminale del promontorio occidentale del golfo di La Spezia, identificata dagli esperti come la “Lama di La Spezia” a causa dei suoi affioramenti di carbonato triassico.