Per esotiche invasive si intendono tutte quelle specie che sono state introdotte dall’uomo, volontariamente o meno, in un dato territorio, differente da quello d’origine.
In tali luoghi però hanno ritrovato condizioni pedo-climatiche simili al loro e ciò ne ha permesso l’ampia diffusione a scapito delle specie spontanee e dando inizio ad un inquinamento ecologico.Due fra gli esempi più eclatanti, semplicemente perché trattandosi di alberi sono più visibili, sono la Robinia (Robinia pseudoacacia L.) e l’Ailanto (Ailanthus altissima (Miller) Swingle).
Famiglia: Leguminosae
Genere: Robinia
Specie: pseudoacacia (L.)
La Robinia (erroneamente chiamata anche Acacia) è un albero caducifolio che può arrivare anche a grandi dimensioni, appartenente alla famiglia delle Leguminose. Le foglie sono tipicamente pennatosette ed imparipennate (divise in tante foglioline dispari) mentre i piccoli e profumatissimi fiori bianchi sono riuniti in infiorescenze pendule. La pianta presenta delle spine molto grandi ed appuntite fittamente distribuite sui rami. La sua zona d’origine è l’America orientale e fu introdotta in Europa, a Parigi, nel lontano 1601 come pianta ornamentale da Robin (giardiniere del Re di Francia). In Italia risulta essere coltivata sin dal 1662 e nei secoli successivi utilizzata come rimboschimento per le sue lunghe e robuste radici.
Famiglia: Simarubaceae
Genere: Ailanthus
Specie: altissima (Miller) Swingle
L’Ailanto (Ailanthus altissima (Miller) Swingle) è un albero caratterizzato da fusti con rami lunghi portanti all’apice un ciuffo di foglie, dotate di un odore molto sgradevole, divise in molti segmenti ed imparipennate. E’ originaria della Cina ed introdotta in Italia nel 1760 con lo scopo di allevare la Sfinge dell’Ailanto (Phylosamia cynthia) in sostituzione del più famoso baco da seta. Contrariamente alla pianta ospite, il “baco” non è riuscito ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche e molto presto quindi tale “allevamento” fu abbandonato e con esso l’ailanto. Grazie alla sua capacità di adattarsi a tutte le condizioni pedo-climatiche (riesce addirittura a crescere a bordo strada e lungo le ferrovie), alla sua rapida crescita, alla riproduzione tramite seme (il frutto -samara– ha una facile dispersione anemofila, via vento) e soprattutto tramite i lunghi stoloni sotterranei, l’Ailanto è riuscito ad occupare tutte le nicchie ecologiche presenti, anche quelle occupate da piante endemiche (tipiche del luogo) a crescita più lenta.Con prove di laboratorio è stato dimostrato che anche una sola cellula delle radici è in grado di rigenerare una nuova pianta, da qui si può capire quanto tale specie possa divenire invasiva e creare problemi di inquinamento ecologico anche in considerazione del fatto che a tutt’ora, almeno nel nostro Paese, non esistano nemici naturali che possano limitarne la diffusione.